No Tap

Lecce: processo No Tap, aggiornamenti e qualche riflessione

Il Trans Adriatic Pipeline (TAP) è il tratto di un gasdotto che, insieme al turco TANAP compone il corridoio meridionale del gas. Questa conduttura dovrebbe fornire il combustibile fossile all’Austria attingendo alle riserve del mar Caspio (Azerbaijan) e transitando per l’Italia dove arriva attraverso un tunnel sottomarino con approdo nella marina di San Foca, in provincia di Lecce.

Qui, un tunnel sotterraneo percorre ancora pochi chilometri per riaffiorare in una stazione di spinta e poi in un terminale di ricezione che si estende per 12 ettari situati a poca distanza da quattro centri abitati. Contro la costruzione di questi impianti si sono mossi gli abitanti della zona, inizialmente attraverso diverse azioni legali intentate da un comitato cittadino, poi attraverso l’interposizione fisica contro i mezzi e i cantieri. Proprio di fronte al primo cantiere, nel 2017 è sorto un presidio di resistenza ed è cominciata un’intensa attività di contrasto durata circa due anni.

È a questa stagione di lotta che fanno riferimento i capi di imputazione che oggi vedono al banco degli imputati una novantina di oppositori accusati di vari danneggiamenti, resistenze, violazioni di divieti, oltraggi e manifestazioni non preavvisate. Il processo di primo grado arriverà a sentenza fra pochi giorni e presenta delle caratteristiche che, se ad un primo sguardo paiono singolari, ad un’osservazione più attenta rivelano continuità e coerenza con una ben rodata prassi giudiziaria e repressiva.

Un passo indietro. Dallo scorso settembre, nell’aula bunker del carcere di Lecce si stanno celebrando tre procedimenti formalmente distinti: uno tratta diversi episodi riconducibili a manifestazioni pubbliche o blocchi dei mezzi accaduti fra il 2017 e il 2018 ed è a carico di 46 persone; un altro imputa a 56 persone la violazione dell’ordinanza prefettizia che delimitava una “zona rossa” attorno al cantiere; il terzo riguarda una manifestazione nei pressi di un altro cantiere, per cui 25 persone sono accusate di aver danneggiato le
recinzioni e di aver oltraggiato le forze dell’ordine addirittura esibendo il dito medio in direzione di un elicottero in volo. Le udienze dei tre processi si celebrano quasi contemporaneamente con una calendarizzazione molto fitta e sono assegnati al medesimo giudice. Cardine delle tesi accusatorie sono le testimonianze rese dagli agenti della digos, valutati con esplicita dichiarazione del giudice “elementi probanti principali”. Tali testimonianze fanno riferimento sempre ad episodi pubblici e sono documentati da
fotogrammi che la Digos ha estrapolato dai filmati della polizia scientifica. Come dire, poesia tratta da prosa…

Una figura che merita attenzione è quella del Pubblico Ministero. Questo magistrato – procuratore antimafia- è anche assegnatario di un fascicolo scaturito dalla denuncia di 30 attivisti per i medesimi fatti riguardanti la “zona rossa” e rimasto- neanche a dirlo- lettera morta, nonostante sia fin troppo chiaro chi fossero quel giorno i responsabili dell’ordine pubblico e chi avesse potuto dare l’ordine di ammanettare i manifestanti in piena campagna per tradurli in caserma e in questura sui mezzi di ordinanza. Se questo elemento illumina sulla scelta di priorità operata dalla procura leccese nella gestione dell’attività giudiziaria, la nomina di un magistrato antimafia si inserisce in un solco già tracciato a livello nazionale, per cui si adottano le prerogative dell’antimafia nei reati di ordine pubblico. Da anni questa tendenza sempre più generalizzata associa i reati tipicamente ascrivibili all’area del dissenso e della conflittualità politica a quelli della criminalità organizzata, e lo fa attraverso l’accostamento dell’antimafia all’antiterrorismo, termine che nel 2015 si aggiungeva formalmente alla denominazione della divisione della magistratura antimafia. In questo modo nella prassi giudiziaria e nella strutturazione e interpretazione delle norme si è assottigliata, fino quasi a scomparire, la distinzione tra l’ambito del conflitto sociale e quello dell’eversione. Crediamo che il caso leccese che porta
un magistrato antimafia alla pubblica accusa per un reato contravvenzionale (come è quello per la violazione dell’ordinanza prefettizia) sia certamente un paradosso ma non un’originale stravaganza. Va da sé come ciò si traduca in una maggiore efficacia repressiva del dissenso espresso pubblicamente da gruppi più o meno numerosi e più o meno strutturati politicamente. Questo particolare dispositivo di contiguità si rafforza anche
grazie alla sempre maggiore vicinanza tra l’operato delle questure e quello delle procure. Una collaborazioneche si avvale di vari strumenti e prerogative nelle mani della polizia giudiziaria, non ultima l’applicazione della misura di sorveglianza speciale. Anche su questo aspetto i processi in corso sono esemplificativi. Senza entrare nel merito di inverificabili quanto verosimili scambi di poteri, ci preme mettere in luce la particolare
aggressività repressiva di alcune misure che sono state utilizzate “a pioggia” nel corso della lotta al gasdotto: le sanzioni amministrative per blocco stradale e i fogli di via. Nel primo caso sono state notificate multe fino a 4mila euro a chiunque abbia partecipato ai blocchi dei mezzi in arrivo al cantiere, spesso membri dello stesso nucleo familiare, con ciò provocando grave danno economico amplificato ulteriormente dai respingimenti in appello delle opposizioni.

Generoso anche l’uso del foglio di via, una misura di prevenzione personale disciplinata dal codice antimafia ed erogata dal questore. Nello specifico caso leccese la questura si è limitata ad elencare una serie di manifestazioni alle quali il destinatario ha partecipato, in cui sono stati rilevati dei reati non commessi necessariamente da quel soggetto, comminandogli la restrizione massima: tre anni di allontanamento dai comuni di Melendugno e le sue (molte) marine e da Lecce. Ciò, naturalmente ha creato non poco intralcio a coloro che in quei luoghi ci lavoravano, spesso con contratti stagionali e discontinui. chi, invece ha deciso di ignorare il foglio di via, non accettando, naturalmente, di abbandonare la lotta al gasdotto, ha ricevuto un vero e proprio diluvio di denunce, alcune formalizzate in decreti penali di condanna, attualmente in fase di opposizione, altre convogliate nei processi in svolgimento. Tale violazione, sebbene motivata da ragioni ben
diverse dal trarre profitto personale, rappresenta un reato formale, per cui il giudice non è tenuto a valutare la pertinenza del divieto emesso dal questore, limitandosi all’accertamento della presenza dell’imputato in quei luoghi. Del resto, le motivazioni che hanno mosso gli imputati a fare (o non fare) ciò di cui sono accusati sembra abbiano davvero poco interesse per il giudice che procede rapido, formale, burocratico, verso la
sentenza.

Al di là del pronunciamento di primo grado, già molti aspetti di questa vicenda sono chiari sebbene pubblicamente poco dibattuti: oltre alla consuetudine dell’uso delle prerogative antimafia è istruttivo l’uso dei provvedimenti di interdizione di porzioni di territorio. “Zona rossa” è ormai un termine familiare a cui si rischia pericolosamente di abituarsi. Con questo dispositivo l’autorità prefettizia può chiudere piazze, strade, quartieri o, come è accaduto qua, vaste estensioni extraurbane. Retrodatando alla zona rossa genovese durante il g8 del 2001, passando per i cantieri dell’alta velocità in Valle di Susa, fino a quelli del gasdotto salentino, per giungere all’attualità della cosiddetta emergenza sanitaria, la chiusura
militarizzata di porzioni di territorio rappresenta una delle peculiarità geopolitiche dei tempi in cui viviamo. E, se ciò non fosse sufficientemente chiaro, il caso Tap dimostra come l’interesse privato di una grande multinazionale travalica, anzi seppellisce quello pubblico. Di chi è, per davvero, la casa in cui abitiamo?

La vicenda dell’opposizione a Tap, sebbene da sempre connotata da una terribile sproporzione di forze, ha coagulato una certa consapevolezza rispetto a questa domanda la cui risposta non è affatto scontata.

TAP – Il dialogo secondo Snam

 

Foggia – Scritte sulla sede del M5S

“No Tap, No Tav, No Ilva, Siete il PD”: con queste scritte, il 28 novembre, qualcuno ha decorato le saracinesche della sede foggiana del Movimento 5 Stelle.

 

Lecce – Uova con vernice lanciate nella sede del M5S

Nel tardo pomeriggio di venerdì 16 novembre, alcune persone sono entrate nella sede leccese del Movimento 5 Stelle, in via Milizia, mentre era in corso una riunione con il consigliere regionale Cristian Casili, e lanciato uova piene di vernice e volantini con la scritta “No Tap”. Poi si sono subito allontanate indisturbate.

 

Sviluppo insostenibile

No Tap No Tav No Sgomberi – La convergenza delle lotte

Il 30 ottobre 2018, al Sant’Anna di Pisa, si discuterà di come la “Nuova Via della Seta” (One Belt One Road) sarà rilevante per il conseguimento della “Agenda 2030” per lo sviluppo sostenibile.
La Cina, con questo grande piano infrastrutturale, intende migliorare i collegamenti nell’area eurasiatica su due direttrici:
– la prima direttrice (One Belt) è la “cintura economica terrestre” ovvero il collegamento via terra che raggiunge l’Europa dopo aver attraversato l’Asia Centrale, il Medio Oriente e la Russia;
– la seconda direttrice (One Road) è la “cintura economica marittima” ovvero il collegamento via mare che arriva nel cuore del Mediterraneo dopo aver costeggiato il Sudest Asiatico, l’Africa Orientale e il Medio Oriente.

Tra i progetti finanziati per lo “sviluppo sostenibile”, dalla banca di sviluppo multilaterale costituita apposta per finanziare questo grande piano (l’AIIB), è compreso il progetto TANAP (Trans-Anatolian Pipeline, il gasdotto che attraverserà la Turchia da est a ovest), che fa parte del cosiddetto Corridoio Sud del Gas insieme al TAP (Trans-Adriatic Pipeline, il gasdotto che dalla frontiera greco-turca attraverserà Grecia e Albania per approdare in Puglia) ed al SCP (South Caucasus Pipeline, il gasdotto che trasporterà fino al confine turco il gas naturale dalla zona di Shah Deniz, situata nel Mar Caspio, in Azerbaijan).
Anche la TAV Torino-Lione viene ora giustificata con l’importanza di integrarla in questa nuova “Via della Seta”.

Pensare che tutte queste grandi opere, che vedono ovunque un’opposizione al loro completamento, possano portare ad una svolta “sostenibile” di questo mondo è solo illusione. Questo mondo non può essere sostenibile, finché il suo imperativo sarà quello di produrre sempre più merce e devastare sempre più territori. Non è costruendo più dighe o più centrali termoelettriche che verrà affrontato alcun problema di impatto ambientale: la storia dell’energia non conosce infatti transizioni da fonti più inquinanti a fonti meno inquinanti (dal carbone alle rinnovabili, ad esempio), ma solo addizioni. Storicamente le modificazioni dei modi di produrre (energia quanto merce) e spostarsi (apertura di nuove vie commerciali e rotte marine) rispondono solo alle logiche di potere ed alle scelte politiche e militari dei diversi stati.
La nostra posizione, quindi, sarà sempre quella dell’opposizione a questo mondo e la sua “riforma” green e rinnovabile, contro il TAP in Puglia, contro la TAV in Piemonte, ma anche nella quotidianità di ogni città […]. Lotte che rifiutano i rapporti con le istituzioni e sempre in opposizione al sistema capitalistico e allo Stato.

La Ciurma del Galeone
alcunistudentipisani@autistici.org

 

 

Grandi opere e grandi promesse

In Italia sono molte le grandi opere in corso di costruzione: la TAV Torino- Lione, il Terzo Valico, il Tunnel del Brennero, TAP in Puglia ed il gasdotto SNAM sull’appennino solo per citarne alcune. In molte di queste località i lavori non stanno proseguendo indisturbati. In modi diversi, molte persone si stanno opponendo ad essi e, come il miele per le api, un variegato movimento fa gola a chi vuole ottenere seguito politico con poco sforzo (tanto in ambito istituzionale che extra-istituzionale).
Basti pensare che i 5 Stelle, alle ultime elezioni politiche, hanno raggiunto il 40% delle preferenze in alcuni comuni della Val di Susa e qualcosa di simile è accaduto anche in Salento (65% a Melendugno), dove però già Emiliano, il presidente della Regione nelle file del PD, aveva cercato di fare sua (mettendoci sopra il suo cappello) la lotta contro il gasdotto. Peccato che fare il partito di lotta, quando “vinci” le elezioni, non è più possibile.
Sono allora cominciate le tarantelle: dalle vecchie uscite di Grillo che “se loro vorranno fare il gasdotto in Puglia con l’esercito, noi ci metteremo il nostro di esercito” sono giunti alla disillusione realista della ministra per il Mezzogiorno (5S) Barbara Lezzi che si è dovuta rimangiare tutta la sua campagna elettorale ed accettare il diktat di Salvini (insomma, va bene rispettare contratto di governo e la sensibilità degli alleati politici, ma il sistema produttivo ha bisogno di energia, e su questo non si può discutere).
Si giunge così alle notti dei lunghi coltelli tra chi, nel fallimento della propria prospettiva di riformare un sistema dall’interno, si scaglia contro gli altri padrini politici anti TAP nel tentativo di salvare faccia e seguito politico: Emiliano sottolinea come sia devastante quello che hanno fatto i 5S e che non hanno il coraggio di fare quello che avevano promesso di fare, mentre i 5S lo accusano a loro volta di essere uno dei maggiori responsabili del progetto, e che loro in realtà non ci possono fare niente, agnellini puri e vergini all’arte del governo quali sono, mentre Emiliano è un esperto governante. Nel mentre, dai presidi e dalla società civile salentina pigolano “Dimettetevi tutti, accettate il TAP con i nostri voti NO TAP! È ingiusto! Voi non siete i rappresentanti che pensavamo foste!”. Qualcosa di simile è avvenuto anche in Val Susa ed in Trentino: dopo le elezioni ci si è accorti che fare i partiti di “lotta e di governo” non si può, e che ogni parvenza di disallineamento con quelle che sono le profonde necessità del sistema economico e sociale nel quale viviamo va sacrificata alla responsabilità (chi si ricorda di Tsipras in Grecia?). A questo mondo non importa che in Libia o in Turchia siano bloccate 10 o 10.000 persone, quanto del fatto che le merci o le risorse energetiche potrebbero smettere di spostarsi.
E allora, come se non fosse già chiaro, chi vuole lottare contro questo mondo od una sua realizzazione stia ben lontano da partiti, politici, politicanti, poteri e contropoteri, perché la distruzione di questo mondo è un salto nel vuoto che non offre garanzie alcune, e chi si pensa come rappresentante e garante di altri teme il vuoto quanto il fuoco.

Frangenti n. 30 – 26 ottobre 2018

 

 

Frangenti n. 29 Speciale Energia
Attaccare la corrente

 

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Gasdotto Rete Adriatica
Per una lotta anticapitalista

Il progetto per la costruzione del gasdotto denominato “Rete adriatica” è stato proposto nel 2004 dalla società SNAM Rete Gas con lo scopo di potenziare la rete di trasporto nazionale di metano. Già 13 anni fa, la società Brindisi LNG Spa, proprietaria del rigassificatore di Brindisi, aveva chiesto alla SNAM (Società Nazionale Metanodotti) la disponibilità di nuove capacità di ingresso alla rete in corrispondenza del terminale brindisino. Ad oggi, il progetto di adriatico ha solo il nome, infatti, sebbene previsto inizialmente lungo la costa, il percorso è stato poi spostato nel cuore dell’Appennino, sicuramente meno urbanizzato – o meglio spopolato – con il vantaggio di espropriare a basso costo e di trovare scarsa/nulla opposizione sul territorio. Dimenticando un piccolo particolare: l’evidente pericolosità sismica delle faglie attive che esso attraversa (Sulmona, L’Aquila, Amatrice, Cascia, Norcia, Colfiorito) e l’impatto devastante di un taglio longitudinale dell’Appennino, con un’area di servitù permanente di 40 metri, tra strade di servizio e scasso per il posizionamento di tubi di 1,2 metri di diametro a 5 metri di profondità. Tutto nasce, o meglio rinasce dopo 13 anni, dall’approdo del nuovo gasdotto proveniente dal Mar Caspio (TAP, collegato a TANAP, collegato a sua volta a SCP), previsto sulle coste pugliesi, passando prima per Azerbaijan, Turchia, Grecia e Albania. Pertanto, il gasdotto SNAM si riallaccerebbe al tristemente noto TAP (Trans Adriatic Pipeline), proprio all’altezza di Brindisi. Tecnicamente, l’opera è però ancora indipendente dal Tap, pertanto, ferma restando la massima solidarietà verso la resistenza dei salentini, non dobbiamo cadere in una sorta di delega: in altre parole, il Gasdotto Snam verrebbe realizzato anche se il TAP dovesse “saltare”.

Il fronte dei sostenitori delle nuove mega-infrastrutture del gas, come al solito, parlano la lingua del mercato: sicurezza energetica, differenziazione degli approvvigionamenti, indipendenza dal gas russo e competizione tra diverse fonti di gas.

E noi, gli oppositori all’opera, che lingua parliamo?

Di fronte a un’opera evidentemente mostruosa e pericolosa per le sue dimensioni e per l’impatto sul territorio – si tratta appunto di un megatubo di 687 km che attraversa 10 regioni da Massafra (TA) a Minerbio (BO), con una centrale di “compressione e spinta” a Sulmona (AQ) – la prima opposizione è quella alla minaccia ambientale, per la tutela della natura, ma anche della vita delle persone che abitano a ridosso del tubo. Spesso questa motivazione non solo è la prima, la più immediata insomma, ma diventa l’unica. Eppure, abbiamo davanti il capitalismo transnazionale all’opera e toccherà pur parlare di interessi, potere, accaparramento delle risorse, guerra e controllo delle popolazioni. Pena: relegare la nostra lotta a una battaglia ambientalista “localista”, ognuno per il pezzo di tubo che gli compete, invocando la ragionevolezza degli amministratori locali, dimenticando che al tavolo degli affaristi siede Eni, con i suoi apparati militari, che intanto se la ride e prosegue indisturbata nell’approccio imperialistico che la contraddistingue.

Ma, iniziamo a parlare la lingua dell’anticapitalismo, dell’antimilitarismo, se pensiamo che non sia possibile isolare un’opera del genere dal contesto politico ed economico generale, e quindi che non sia possibile contrastarla senza mettere in discussione il sistema economico capitalista e lo Stato che lo sorreggono.

Dopotutto, dimostrazioni pratiche della tutela di interessi forti da parte della legge e dello Stato non mancano neanche in questo caso. Il gigantesco progetto infatti, al fine di essere valutato e approvato, è stato suddiviso in 5 tronconi: Massafra-Biccari (194 Km), Biccari-Campochiaro (70 Km), Sulmona-Foligno (167 Km), Foligno-Sestino (114 Km), Sestino-Minerbio (142 Km). Per questi cinque tronconi sono state richieste cinque diverse Valutazioni di Impatto Ambientale, e tutte sono già state ottenute, e hanno dato parere positivo, con tanto di carte bollate: nessun impatto ambientale, gli esperti assicurano, e la battaglia si sposta subito sui tecnicismi. E via a cercare il cavillo, questo o quel decreto, con raccolta firme, nuovi esperti dalla nostra parte, oppure NO. Non c’è un cavillo utile a fermare i progetti mortiferi del capitale sulle nostre vite, non si tratta di un problema tecnico, ma di un rapporto sociale di potere fondato sullo sfruttamento. Il tubo è sottoterra, ma il controllo costante è sulla nostra libertà di pensiero, di azione, di opposizione, di critica radicale.

Iniziamo allora a parlare degli interessi economici in campo.

Il gas dovrà confluire nella rete Snam, Società Nazionale Metanodotti, disgiunta da Eni solo nella forma, poiché di fatto Snam e Eni sono parti correlate, dato che il Ministero dell’Economia e delle Finanze esercita un controllo su Eni, in forza della partecipazione detenuta, e anche CDP Spa che, a sua volta, ha di fatto il controllo su Snam. Lo Stato, in altre parole, difende, in questo caso, gli interessi di Eni, ossia di un ente che porta la guerra nel mondo e, perché no, anche a casa propria.

Eni è la principale azienda del capitalismo di Stato italiano, ora parzialmente privatizzata, azienda che è, quindi, sia multinazionale, sia portatrice diretta di quelli che sono gli obbiettivi dello Stato nazionale. È una multinazionale della morte, presente in ogni conflitto che vede coinvolta l’Italia, dall’Iraq al Niger, responsabile dell’avvelenamento e della guerra per l’accaparramento delle risorse, ma anche complice della detenzione nei campi di concentramento libici di circa seicentomila persone, e della costruzione di un muro nel deserto lungo il confine con il Niger, il Ciad e il Mali. Campi gestiti dalle stesse milizie a cui l’Eni delega la difesa armata dei propri pozzi, che si arricchiscono con il controllo e l’internamento di massa dei migranti in fuga.

Eni è talmente potente che quando entra in campo, le politiche militari italiane possono persino deviare dal loro asse principale. Per esempio, quando c’è di mezzo l’Eni, l’Italia può staccarsi dal blocco atlantico per flirtare con la Russia, può allontanarsi da Israele e collaborare con il Libano nei territori contesi. Questo alla faccia anche di un certo semplificazionismo che descrive l’Italia come paese-colonia degli americani cattivi, o paese che ha ceduto la sovranità all’Europa. Se l’Italia ha una certa autonomia imperialista, rispetto ai suoi alleati, questa autonomia, certo molto relativa, è diretta sempre dagli interessi dell’Eni. Per questo, mettere i bastoni fra le ruote alla macchina distruttrice dell’Eni significa anche contrastare le politiche di guerra del nostro governo (oltre che difendere le nostre montagne e la nostra vita, ovviamente).

Per esempio, il gas del Gasdotto Snam e del Tap viene dall’Azerbaigian. Ufficialmente, si tratta di un modo per rendere l’Europa indipendente dal metano russo. Quindi, di nuovo, un’opera che rende più facile la guerra. Ma anche, chissà, in prospettiva, un modo per accedere allo stesso gas russo senza passare dall’Ucraina e dell’Europa dell’est. Quindi, di nuovo, un’opera per rendere l’Italia meno dipendente dai veti europei contro i russi, nel caso volesse tentare di sperimentare una politica imperialista autonoma. In ogni caso, per noi non si tratta di parteggiare per questo o quell’altro blocco di Stati e di eserciti, ma di combattere contro un’opera devastante e, al contempo, lottare contro la guerra. Contro la ragione del potere, che è appunto una logica di guerra, di sopraffazione, di accumulazione delle risorse e di controllo della vita.

Non c’è niente di irragionevole quando la BEI (la Banca Europea per gli Investimenti) – che ha il compito di fornire supporto tecnico e finanziario per progetti di investimento sostenibile che siano in linea con le politiche europee – approva un prestito di 1,5 miliardi di euro per contribuire a finanziare il Gasdotto Trans-Adriatico TAP. Certo che esso diventa “un interesse comune”, perché unisce interessi forti, quelli dell’economia di guerra, da sempre un’economia florida, dentro e fuori l’UE.

Non c’è niente di insostenibile nei progetti di mega-infrastrutture del gas, se pensiamo che queste vengono promosse proprio in virtù del processo di de-carbonizzazione di cui l’Europa è fautrice. Lo dice Snam nei suoi prospetti, lo ripete la green economy che il gas inquina meno e quindi, ancora una volta, non è la lingua del mercato, dei tecnicismi, dell’ambientalismo riformista che dobbiamo parlare, pena essere fraintesi, recuperati e ancor peggio neutralizzati.

O ci opponiamo al capitalismo, e iniziamo a chiamarlo per nome, o continueremo a collaborare col potere che diciamo di combattere.

[N.V.]

 

 

Tap – Le aziende coinvolte (2)

Aggiornato: Agosto 2018

 

 

Opuscolo:
Tap – Le aziende coinvolte.
Appalti, azionisti e altre complicità.
Agosto 2018

 

tap le aziende coinvolte – agosto 018- web

tap le aziende coinvolte – agosto 018 – stampa

 

 

TAP e il Corridoio Meridionale del Gas

A partire dal Tap (Trans Adriatic Pipeline), seguendo il fitto snodarsi delle condotte che trasportano il gas, si disegna, sotto i nostri occhi, la rete di interessi, a volte affini a volte antagonisti, che legano tra loro i diversi paesi imperialisti e le multinazionali del settore. E anche lo svilupparsi dei conflitti che accompagnano lo scontro di tali interessi quando la politica segue la via delle armi.
Infatti, il nuovo gasdotto Tap costituirebbe il terzo e ultimo segmento del Southern Gas Corridor, una via del gas promossa dall’Ue in quanto concorrenziale rispetto ai progetti russi. L’Europa, praticamente priva di risorse, è dipendente dalle importazioni di gas che arrivano dalla Russia quasi per il 70%. Questo cordone ombelicale negli anni si è fatto sempre più soffocante per le classi dominanti europee, sopratutto con lo svilupparsi delle contraddizioni che vedeva man mano sempre più delinearsi l’antagonismo tra Bruxelles e Mosca. Si è fatta, quindi, sempre più impellente l’esigenza di smarcarsi da un’arma di ricatto così efficace e capace di condizionare la politica estera dei paesi dell’Unione Europea.

Il gasdotto transadriatico è uno dei progetti energetici che rientrano nel cosiddetto Corridoio meridionale del gas, definito dalla Commissione Ue “un’iniziativa importante per portare le risorse di gas del Mar Caspio e dell’Asia centrale sui mercati europei”. L’opera parte quindi al confine tra Grecia e Turchia, proseguendo verso ovest il tragitto del Trans Anatolian Pipeline (Tanap), che trasporta il gas naturale dellAzerbaigian. Si snoda quindi in tre paesi, Grecia, Albania e Italia, per oltre 800 chilometri, di cui un centinaio nell’Adriatico. In Italia, il Tap si radica in Salento, nel comune di Melendugno, con un tratto di 8 chilometri sulla terra ferma, mentre la condotta sottomarina nelle acque territoriali italiane misurerà 25 chilometri. Da Melendugno il gasdotto si riallaccia alla rete nazionale di Snam Rete Gas a Mesagne, in provincia di Brindisi, attraverso un altro condotto di 56 km che costruirà Snam stessa. Attraverso quest’ultimo il gas azero verrà distribuito agli altri mercati europei, in particolare in Austria e in Europa centrale.
Secondo quanto descritto nel progetto, il tratto italiano del gasdotto dovrebbe avere una portata di 10 miliardi di metri cubi di gas all’anno, con la possibilità di un aumento di portata nel futuro fino a 20 miliardi di metri cubi. Il costruttore è il consorzio svizzero Tap, i cui azionisti sono al 20% la Socar (Azerbaigian), la Bp (Gran Bretagna) e la Snam (Italia), al 19% la Fluxys (Belgio), al 16% Enagas (Spagna) e al 5% Axpo (Svizzera).

Per quanto riguarda la Russia, la sua forza come fornitrice di gas all’Europa sta anche nel tentativo di monopolizzare le vie di rifornimento, sia sulla direttrice orientale (Balcani e Ucraina) sia su quella nordica. Il Nord Stream, inaugurato nel 2011, collega la Russia alla Germania attraverso il Mar Baltico. Successivamente, il gas arriva nel centro Europa trasportato dal gasdotto Opal. Attualmente è in fase di realizzazione il progetto Nord Stream 2, che dovrebbe raddoppiare la capacità di questo gasdotto nordico.
Si è delineata così una contraddizione tra gli interessi specifici dell’imperialismo tedesco e quelli complessivamente intesi dell’Unione Europea. Gli interessi tedeschi rispetto a Nord Stream ci fanno meglio comprendere, nella sua complessità e contraddittorietà, la politica della Germania rispetto alla questione ucraina, esplosa negli ultimi anni in maniera sempre più virulenta, come lotta per la ripartizione del paese tra Ue e Usa da una parte e Russia dall’altra. Merkel è stata chiaramente dalla parte dei golpisti di Kiev fin da principio, allineandosi con gli Usa e schierandosi in prima fila nella pressione sulla Russia perché demorda dall’influenza sul paese confinante. Contribuendo ad accendere lo scontro con Mosca sul fronte ucraino, la Germania ha perseguito anche lo specifico interesse di destabilizzare quella via di transito del gas in Europa per rafforzare Nord Stream, il cui raddoppio venne deciso nell’estate del 2015.
E, dopo i recenti scontri tra Trump e Merkel, il Nord Stream è entrato anche nel mirino degli Usa, che lo vedono come un potenziale fattore di unitarietà tra imperialismo russo e imperialismo tedesco. Il senato statunitense, infatti, ha votato nuove sanzioni contro la Russia, che colpiscono anche gli investitori nel progetto Nord Stream 2. Una nuova sfida a Mosca, ma soprattutto un atto di rottura con gli alleati tedeschi.
E, a tal proposito, tornando al Tap, possiamo notare come, pur essendo proclamato come progetto strategico dell’Ue, non vi siano presenti capitali tedeschi, proprio perché la Germania vede con timore la prospettiva che l’Italia diventi una piattaforma per il passaggio del gas dalle regioni del Mediterraneo all’Europa, puntando invece a mantenere il proprio ruolo strategico attraverso il Baltico.
La Russia ha inoltre in cantiere il progetto Turkish Stream che, dopo aver visto una battuta d’arresto, oggi vede una nuova accelerazione. Si tratta di un gasdotto che, partendo dal territorio russo attraverserebbe il Mar Nero arrivando nella Turchia europea e da qui risalirebbe i Balcani, per rifornire l’Europa, ovviamente senza toccare l’Ucraina. Di fatto, il Turkish Stream rappresenta il raddoppio della linea metaniera del Blue Stream ed è la risposta di Mosca al siluramento, da parte di Washington, del South Stream. Quest’ultimo, promosso da Gazprom e da Eni e poi dalla tedesca Wintershall e dalla francese Edf, doveva, aggirando l’Ucraina, portare il gas russo attraverso il Mar Nero, la Bulgaria, la Serbia, l’Ungheria fino a raggiungere la Slovenia, l’Austria e l’Italia. Tale progetto veniva bloccato nel 2014 dalla Bulgaria, su pressione degli Stati Uniti, all’indomani dell’apertura del fronte ucraino.
Il Tap è ideato proprio in antagonismo al Turkish Stream: se in entrambi la Turchia, con annesso l’ingombrante Erdogan, gioca da punto nodale, il primo vuole escludere o quantomeno limitare l’approvvigionamento dalla Russia mentre il secondo lo rafforzerebbe. Così come entrambi, Turkish Stream e Tap, si pongono in competizione e in contraddizione sia con la via ucraina, più caldeggiata dagli Usa, e sia con il Nord Stream, russo-tedesco. Eni, come abbiamo visto con Blue Stream, prova a ritagliarsi la sua fetta anche in campo avverso, stringendo rapporti con una Russia verso la quale l’imperialismo italiano, pur aderendo alle campagne di guerra della Nato, usa sempre opportunistici guanti di velluto. Ma è chiaro d’altra parte che con il gasdotto Tap, l’imperialismo italiano e dunque i monopolisti del cane a sei zampe, puntano ad esercitare un ruolo di punta per l’intera Ue, addirittura alternativo alla Germania. Va detto che il valore strategico del Tap quale fattore di emancipazione europea dal gas russo rischia comunque di essere messo in discussione proprio dall’intesa russo-turca sul Turkish Stream e dall’imprevedibilità di Erdogan, sempre più ostile all’Ue. Cosa succederebbe, infatti, se Ankara decidesse di allacciare il gasdotto Turkish Stream alla linea Tap verso l’Italia, nel caso in cui ad esempio il South Stream balcanico fosse definitivamente affossato? Si tratterebbe, ovviamente, di un pesantissimo smacco per l’Ue, che si ritroverebbe ancor di più accerchiata dalla potenza energetica russa a causa di un progetto ideato per sottrarvisi.
Alla partita poi si aggiunge il progetto East Med, uno o più tubi per portare le risorse di gas dell’est Mediterraneo in Europa, attraverso Cipro e Grecia. Il progetto è stato argomento del vertice tenutosi a Roma i primi di marzo tra il ministro dello sviluppo economico Calenda e il suo omologo israeliano. La volontà da parte sionista di lanciare il progetto dell’hub del gas del Mediterraneo dimostra il cambio di passo nella strategia di Tel Aviv, che mira ad accaparrarsi un ruolo da protagonista, a spese ovviamente dei palestinesi a cui vengono rapinati anche i giacimenti di gas al largo di Gaza, nella partita mediterranea dell’energia, in competizione con l’Egitto, detentore del super giacimento Zohr. Ma anche il Libano reclama la sua parte della torta, tanto che lo scorso gennaio il ministro dell’energia e delle risorse idriche libanese ha annunciato l’approvazione di due decreti per lo sfruttamento delle risorse energetiche specificando rispetto alle risorse contese con Tel Aviv di essere disposto a utilizzare tutti i mezzi a disposizione per difendere i propri diritti sulle risorse. E il fattore del gas naturale non poteva mancare nell’ultimo fronte caldo apertosi in Medio Oriente, quello tra Arabia Saudita e Qatar. La base reale, sul piano economico, delle accuse saudite all’emirato di intelligenza col nemico iraniano è infatti quella dello sfruttamento congiunto, da parte di Doha e Teheran, del più ricco giacimento sottomarino di gas del pianeta, quello del North Dome/South Pars, nel Golfo Persico.
All’interno dell’intricato quadro delineato, l’Italia ha un ruolo sempre più centrale: tendendo a farsi più difficoltose, con lo sviluppo delle contraddizioni interimperialiste, le vie del gas nell’Est Europa, traballando persino quelle settentrionali e visto, infine, il caos libico, il gas dovrà sempre più passare per la porta mediterranea orientale e il Tap va propriamente in tal senso.

[Antitesi n.5, maggio 2018]

 

 

Muretti n. 2 – Giugno 2018

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Lo sfruttamento non ha confini
La solidarietà neanche

Sul Tap in Grecia e la Bonatti spa

Martedì 26 giugno 2018, la polizia greca ha fermato a Kavala, e trattenuto per un giorno in commissariato, otto fra agricoltori e solidali che cercavano di opporsi all’allestimento di un cantiere del consorzio Tap in una grande area coltivata a girasoli. Tra i fermati c’è anche Pati, un compagno salentino attivo e conosciuto nella lotta contro il gasdotto da questo lato dell’Adriatico.
Da qualche giorno aveva raggiunto, portando il suo sostegno e solidarietà, un gruppo di contadini che a Kavala, nella Piana di Filippi, si stanno opponendo alle prepotenze dell’azienda Bonatti, appaltatrice per conto di Tap per la realizzazione di una parte del gasdotto in Grecia.
Gli uomini della Bonatti sono conosciuti in zona per l’arroganza con cui invadono, senza preavviso, i campi coltivati che ricadono lungo il tracciato del gasdotto, provocando danni alle colture.
Il 25 giugno alcuni contadini erano riusciti a bloccare una ruspa e degli operai. Uno di loro aveva iniziato uno sciopero della fame. La mattina del 26, nel tentativo di sbarrare nuovamente la strada a mezzi ed operai scortati dalla polizia, gli otto manifestanti sono stati fermati e trattenuti in caserma fino al giorno successivo, in attesa della convalida del fermo. Il giudice ha poi rilasciato tutti i fermati, in attesa del processo che è stato rinviato al prossimo 12 luglio.

Chi segue le vicende di Tap sa che il gasdotto in costruzione si sviluppa per circa 870 km attraverso Italia, Albania e Grecia, per connettersi ad infrastrutture turche e raggiungere il giacimento di Shah Deniz nel Mar Caspio, in Azerbaijan.
In Grecia, una parte dei lavori di posa del gasdotto sono stati appaltati alla joint venture formata da Bonatti Spa (con una sede a Parma e interessi in quattro continenti) e la greca J&P Avax. Realizzeranno due lotti del tracciato, per un totale di circa 360 km, da Ieropigi (al confine con l’Albania) a Kavala.

Hanno la loro parte nell’opera di devastazione messa in moto da Tap. E meritano le attenzioni di chi prova a fermarli.

 

Bonatti è una compagnia internazionale al servizio dell’industria dell’energia e delle politiche coloniali che la trainano. Quelle politiche che dettano i destini del mondo e condizionano gli interventi all’estero delle potenze occidentali nel disegnare le proprie zone di influenza (per il controllo di gas e petrolio o del mercato immobiliare o per le realizzazione di grandi infrastrutture…). Quando serve anche con i bombardamenti dietro il pretesto delle operazioni umanitarie o di antiterrorismo.

Fondata a Parma nel 1946, attualmente fornisce servizi di ingegneria, gestione e manutenzione di impianti nel settore del petrolio e del gas in 16 Paesi: Algeria, Arabia Saudita, Iraq, Egitto, Kazakhstan, Turkmenistan, Canada, Italia, Austria, Francia, Germania, Romania, Spagna, Messico, Mozambico e Libia.

Lavora con le maggiori compagnie petrolifere nazionali e internazionali: Eni, Noc Libia, British Gas, Total, Chevron Texaco, Repsol, Exxon Mobile e per le principali società europee per il trasporto di idrocarburi come Snam Rete Gas, Enagas, Gaz de France e Edison.

In Italia, oltre alla sede di Parma, fanno parte del Gruppo Bonatti la “Carlo Gavazzi Impianti” di Marcallo con Casone (MI) e il “Bonatti Engineering Center” di Fano (PU).

La loro prima esperienza all’estero inizia in Libia nel 1979, con un contratto per conto dell’Agip. Qui oggi il gruppo si occupa di assistenza e manutenzione alla stazione di compressione che manda gas in Italia. Durante l’attacco della coalizione occidentale contro la Libia nel 2011 e la cacciata di Gheddafi, l’azienda ha dovuto far evacuare il personale, ma già nel settembre dello stesso anno è tornata subito operativa grazie al lavoro dei suoi quadri libici che avevano gestito e preparato il terreno al rientro.

In Italia, nel settore costruzioni e infrastrutture ha realizzato vari progetti per Anas, Autostrade per l’Italia, Ferrovie dello Stato e molti Comuni italiani.

In Basilicata, Val d’Agri, è attualmente impegnata nella quinta linea di produzione idrocarburi per l’Eni.

 

 

Contro TAP, contro la Turchia, contro questo mondo

Il “corridoio meridionale del gas” di cui TAP è parte integrante, attraversando tutta la Turchia per collegare la Puglia all’Azerbaigian, rafforza il potere di Erdogan perché gli affida ancora più risorse energetiche da utilizzare per i suoi ricatti geopolitici.

Un contributo da Pisa:

Contro TAP contro la Turchia contro questo mondo

 

Mostra sugli interessi dell’ENI e della politica colonialista italiana in Africa

 

 

 

Eni – mostra.pdf

 

Rovereto (TN) – Attacco (fallito) ad Adecco, complice di Tap

All’alba di martedì 1 maggio 2018 è stato rinvenuto un ordigno inesploso davanti alla filiale locale di Adecco a Rovereto (TN).
Sulla vetrata accanto è stata lasciata la seguente scritta: BUON 1° MAGGIO SFRUTTATORI. NO TAP.

 

Ricordiamo anche che l’8 febbraio 2018 furono rotti i vetri ad un’agenzia Adecco a Trento e lasciata la scritta “Complici di Tap e sfruttatori”.

https://roundrobin.info/2018/02/trento-vetri-rotti-ad-agenzia-adecco/

 

 

Lecce – Scarcerato  Saverio ma con divieto di dimora

Martedì 8 maggio 2018 si é concluso il processo per direttissima in cui Saverio era accusato di resistenza, lesioni, lancio di oggetti e violazione del foglio di via, per i fatti dell’11 aprile scorso a Melendugno (LE) contro TAP.

Il compagno è stato condannato a 9 mesi e gli sono stati tolti i domiciliari, sostituiti però con il divieto di dimora da Melendugno e Lecce.

 

Da un anno in qua

20 aprile 2018

Saverio ai domiciliari

Lecce, 12 aprile 2018 – Da poche ore è terminta l’udienza del processo per direttissima a Saverio, che è stata rimandata. Per tutta la durata dell’udienza un folto gruppo di compagni e solidali hanno atteso la sua uscita per  gridare un caloroso saluto.

Nel frattempo abbiamo appreso che il nostro compagno verrà presto tradotto ai domiciliari con restrizioni, nella sua casa in provincia di Lecce.

 

Resoconto sull’ultima notte contro Tap.

Saverio libero subito!

Nella notte tra il 10 e l’11 2018 di aprile Tap ha iniziato a preparare le basi per l’ampliamento dell’opera, lungo gli 8 km di tracciato tra il pozzo di spinta sito a San Basilio e l’area designata per il terminale di ricezione. Nelle prime ore della notte si è riunita quindi una quarantina di oppositori a Tap.

Celere e digos in forze erano già piazzati per garantire il transito degli autotrasporti, che portavano nuove tonnellate di jersey. I convogli sono stati il bersaglio di continui blocchi nel mezzo della strada provinciale, con spargimenti e lanci di pietre per rallentare le cariche della polizia contro i manifestanti.

La nottata di lotta ha proseguito tra la provinciale e l’entrata di Melendugno, fino a quando un’ennesima carica dei celerini ha portato al fermo di due compagne e un compagno. Quest’ultimo, dopo le identificazioni, è stato l’unico ad essere trattenuto, condotto prima in questura, poi posto in stato di arresto. I capi d’accusa di cui la stampa locale starnazza sono resistenza, violenza, lesioni aggravate, getto pericoloso e violazione del foglio di via dal comune di Melendugno.

Saverio è ora recluso nel carcere di Lecce, dove nel pomeriggio di giovedì 11 tantissimi solidali si sono radunati urlando di rabbia e d’affetto per il nostro compagno, in un presidio animato da musica, cori, saluti amplificati e omaggi pirotecnici.

Seguiranno giornate ancora più intense, l’occupazione militare di Tap sul Salento aumenta il passo, la ferocia della polizia è sempre più asfissiante. Le nostre forze devono riversarsi senza risparmio di colpi. Allo stesso tempo fondamentale è la solidarietà a Saverio, la sua tenacia batte forte nel cuore della nostra lotta, che non sarà mai piegata dalle intimidazioni dello Stato.

Nessuna rete, nessun blocco, nessuna gabbia potrà fermare la nostra opposizione.

In attesa di ottenere aggiornamenti sulla situazione di Saverio, questo è l’indirizzo per scrivergli:

Saverio Pellegrino, Via Paolo Perrone, 4 – 73100 LECCE

ULTIMO AGGIORNAMENTO – 12 aprile 2018: mentre pubblichiamo è stato confermato il processo per direttissima a Saverio per oggi alle 12:00. Tra pochi minuti cercheremo di avvicinarci al tribunale di Lecce per un caloroso saluto al nostro compagno.

 

 

 

Un po’ di disturbo intorno al cantiere

Giovedì 29 marzo 2018, tra l’una e le tre della notte, un buon numero di oppositori si è ritrovato davanti al cantiere TAP ed ha effettuato una lunga battitura sui cancelli di ferro. Degli operai che in così tarda ora erano ancora impegnati a lavorare al pozzo di spinta per il micro-tunnel, alla fine hanno desistito e, spenti i fari, si sono chiusi nei container che fungono da spogliatoi. La battitura è continuata ancora per un bel po’ fino all’arrivo di alcune volanti che si sono piazzate davanti all’ingresso principale.

Nel pomeriggio del 4 aprile 2018, due agronomi di TAP impegnati in una ricognizione fra gli ulivi lungo il tracciato del gasdotto nelle campagne di Melendugno, si son ritrovati con l’auto su cui viaggiavano bloccata da una grossa pietra posta di traverso sul sentiero. Nel tentativo di proseguire, l’auto ha riportato dei danni a carrozzeria e pneumatici. I presunti responsabili del blocco invece si sono allontanati indisturbati, disperdendosi nella campagna circostante prima dell’arrivo della polizia allertata da una telefonata dei due tecnici.

 

 

Gli affari di ENI

Nell’aprile 2016, Saipem (partecipata Eni) si è aggiudicata il contratto relativo alla parte offshore del progetto TAP, Trans Adriatic Pipeline. Il gasdotto che dal giacimento del Mar Caspio in Azerbaijan, attraversando la Grecia e l’Albania, arriverà a San Foca sulle coste del Salento.

Il gas dovrà poi confluire nella rete Snam (Società Nazionale Metanodotti, disgiunta da Eni solo nella forma). Da Brindisi fino a Minerbio (BO) il gasdotto, con un altro nome e ad opera di Snam, proseguirà attraversando l’Appennino allo scopo di giungere infine in Austria.

Da dicembre 2017 Saipem sta già lavorando all’interno del cantiere Tap a Melendugno, alla preparazione dell’approdo del tubo, protetta da un ingente dispiegamento di polizia atto ad arginare la forte opposizione locale contro questo progetto di devastazione e saccheggio dei territori.

Di seguito, alcune letture
sugli affari di Eni:

gli affari di Eni

Volantone Libia

 

 

Contro Tap e i suoi complici

Volantini distribuiti durante il corteo No Tap a Lecce, venerdì 16 marzo 2018:

 

Lecce – Ordigno artigianale contro Adecco, collaboratrice di Tap

Alle 2 del mattino del 14 marzo 2018 è esplosa una bomba artigianale davanti all’agenzia interinale Adecco in centro a Lecce. Innumerevoli sono le ragioni per cui qualcuno possa decidere di attaccare un’agenzia interinale, nel caso specifico però va fatto notare che Adecco collabora al reclutamento di lavoratori per Tap e che vicino alla vetrina è stata vergata sul muro la scritta “No Tap”.
Venerdì 16 marzo Lecce è stata attraversata da un corteo contro Tap che ha lasciato sui muri numerose scritte contro Eni, Tap e i suoi collaboratori, tra queste una faceva così “Adecco ? Boom!”.

 

 

Melendugno (LE) – Corteo No Tap e visita alla sede locale

Dalla mattinata di venerdì 2 marzo, un nutrito gruppo di oppositori a Tap ha deciso di recuperare l’attenzione sul coinvolgimento della popolazione locale nella lotta alla cantierizzazione e alla militarizzazione intorno a Melendugno. Dalle 9 e 30 è partito un corteo per attraversare varie vie e piazze del paese, senza ovviamente trascurare la sede informativa di Tap sita a pochi passi dalla piazza centrale. Più volte è stato occupato lo spazio della strada adiacente, sorvegliata all’esterno dai carabinieri. Tra interventi al megafono e controinformazione, anche questa volta un omaggio ovaiolo alle vetrine della multinazionale non è stato risparmiato.
Dopo aver legato la sede di Tap e il veicolo dei carabinieri di guardia con dei nastri segnaletici, il corteo ha proseguito verso le vie del centro per rilanciare l’invito alla partecipazione nella lotta. Lontano dalle deleghe e dalla sciacallagine di politicanti,
e dalle loro firme contro Tap spinte dalle squallide speranze preelettorali.

Qui in basso il volantino diffuso durante il corteo:

 

 

Roma- Aggiornamenti e disussione sulla lotta contro Tap, @Ned/Psm

 

Benevento – Aggiornamenti e riflessioni                     sulla lotta No Tap @Janara Squat

 

Tap: imbrattata sede di Confindustria Lecce

Nella notte dello scorso 15 febbraio 2018 il portone della sede di Confindustria di Lecce,
in via Fornari 12, è stato imbrattato con vernice nera e scritte contro TAP.
Un atto simile era già successo il 13 agosto 2014.

 

 

 Muretti n. 1 – Febbraio 2018

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Questo foglio vuole essere uno strumento di analisi critica sia per chi è implicato direttamente nella lotta contro TAP, sia per quanti la seguono da lontano. Nasce dalla necessità di raccontare tramite un mezzo cartaceo, alternativo ai social media, azioni, iniziative ed eventi che animano le campagne di S. Basilio e non solo, contro TAP e tutti i suoi complici. Oltre ad un mezzo di informazione, infatti, Muretti vuole anche essere uno spunto per il coinvolgimento diretto di sempre più persone nelle azioni di lotta future.

 

 

Il mattino ha l’oro in bocca

8 febbraio 2018

Era da tempo che non si praticava la buona abitudine di godersi l’alba a San Basilio in larga compagnia. Nonostante Tap abbia già ricevuto i finanziamenti dalla Banca Europea per gli Investimenti senza particolari intralci, da due giorni molti oppositori di Tap stanno riprovando a bloccare i lavori con puntualità e tempestività.

Gli appuntamenti al levar del sole sono ripresi da mercoledì 7 febbraio: dalle sei e mezza del mattino, una quarantina di manifestanti hanno bloccato la stradina che conduce al cancello d’accesso principale del cantiere di San Basilio, anticipando l’arrivo della trafila di mezzi pesanti che ogni giorno operano per la preparazione al pozzo di spinta. Oggi non si lavora” era il leit motiv della mattinata di blocco animata da cori e urla, aspettando che accorresse un maggior numero di partecipanti per rinforzare il presidio, anche rispetto alla celere posta all’ingresso del cantiere. La lunga coda di mezzi, avendo serie difficoltà a proseguire verso il cantiere, ha creato un ingorgo lungo tutta la stretta via di campagna, tant’è che un camion è stato inverniciato sul parabrezza. Passata una buona ora, e una volta accertatosi che i mezzi non avrebbero più iniziato la giornata lavorativa, il blocco contro Tap si è accostato giusto per concedere ai camion lo spazio necessario per rifilare verso il punto di partenza, nonostante il veicolo di testa si fosse ritrovato con le gomme a terra…

L’appuntamento all’accesso del cantiere è stato ribadito per la mattina seguente. Infatti ci si è radunati allo stesso modo, ma con un leggero ritardo rispetto al giorno prima. Fortunatamente i mezzi non hanno potuto rispettare la stessa puntualità del giorno precedente, dalla sede di Almaroma non disponevano di un’adeguata scorta di celerini per arrivare fino all’ingresso. Gli unici agenti disponibili a fare da scorta ai mezzi son dovuti uscire dall’area del cantiere. Peccato che, nel frattempo, massi e pietre di muretti a secco tornavano a riversarsi nel mezzo delle stradine, e i blindati di questura e polizia hanno interrotto la loro corsa verso i camion ancora fermi al deposito. La strada era impraticabile e la retromarcia era l’unica manovra possibile.
Ancora un dietrofront, e ancora gomme a terra, ma questa volta di più.

Ritrovarsi dalle prime luci dell’alba con puntualità e costanza permette di riacquisire vitalità e nuove ispirazioni alla lotta contro questo tentacolo di guerra e devastazione, riscoprire vecchie e nuove capacità di contrasto è una conseguenza di questi faticosi ma stimolanti incontri.

Seguiranno aggiornamenti…

 

 

Tap – Le aziende coinvolte

 

 

 

Opuscolo:
Tap – Le aziende coinvolte.
Appalti, azionisti e altre complicità.
Febbraio 2018

tap le aziende coinvolte – lettura web

tap le aziende coinvolte – stampa

 

 

Melendugno (Le). Fermate due betoniere dirette al cantiere Tap
Appunti su alcune aziende collaboratrici

Il 4 gennaio 2018 un centinaio di manifestanti hanno bloccato due betoniere dell’azienda Minermix dirette al cantiere TAP.
Il blocco stradale è iniziato alle 17.00 ed è riuscito ad intercettare, nei pressi di un incrocio che da Melendugno porta a San Foca, il passaggio dei due mezzi che trasportavano calcestruzzo.
Il blocco si è protratto fino alle 19.30 ed è stato efficace anche perché un paio di manifestanti si sono arrampicati su uno dei due camion occupando il tettuccio, mentre i serbatoi d’acqua delle betoniere perdevano per strada il loro contenuto. Vani i tentativi dei reparti di polizia, carabinieri e guardia di finanza che hanno provato a liberare il passaggio.
Quando è stato chiaro che il calcestruzzo trasportato era oramai inservibile, i manifestanti si sono allontanati di propria iniziativa, incassando una bella vittoria. L’impasto nelle betoniere se miscelato troppo a lungo perde le sue qualità e diventa inutilizzabile (in genere dopo due ore). Difatti i mezzi non hanno più proseguito per il cantiere ma son dovuti rientrare nella loro sede per sversare il carico ormai inservibile.
Crediamo anche che l’azienda abbia preso un bello spavento in quanto la sosta prolungata dei mezzi può arrecare danni ancora più ingenti nel caso in cui il calcestruzzo trasportato si solidifica all’interno della betoniera.

Attualmente nel cantiere TAP stanno lavorando alla preparazione del pozzo di spinta per il microtunnel. Da qui entrerà in azione una talpa meccanica che scaverà sotto la spiaggia per ricollegarsi in mare con la conduttura proveniente dall’Albania. Il calcestruzzo serve a consolidare il terreno con dei “pali secanti” interrati necessari a definire il perimetro stagno del pozzo.

Questa parte dell’opera di scempio se l’è aggiudicata la SAIPEM (gruppo ENI) che sta lavorando già da un mese con delle aziende locali quali la Minermix di Galatina (Le) e Donato Coricciati Srl di Martano (Le), oltre a I.CO.P. SpA di Udine. Altro personale lo sta reclutando tramite l’agenzia Adecco.
Dopodiché SAIPEM si occuperà anche della posa dei tubi che attraversano l’Adriatico e dello scavo per il tunnel di approdo in Albania.

 

 

 

“Muretti” – Informazioni e critica dalla lotta NO TAP. Numero 0

Dall’introduzione:

Questo foglio vuole essere uno strumento di analisi critica sia per chi è implicato direttamente nella lotta contro il TAP, sia per quanti la seguono da lontano. Nasce dalla necessità di raccontare tramite un mezzo cartaceo, alternativo ai social media, azioni, iniziative ed eventi che animano le campagne di S. Basilio e non solo, contro TAP e tutti i suoi complici. Oltre ad un mezzo di informazione, infatti, Muretti vuole anche essere uno spunto per il coinvolgimento diretto di sempre più persone nelle azioni di lotta future.

Link per scaricare il file di lettura online:

Muretti_n_000_WEB_verticale

Link per scaricare la versione di stampa:

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Stragi di stato

In vista delle udienze di appello per gli arrestati durante la manifestazione del Brennero del 7 maggio 2016, invece di seguirne le scadenze con presenze davanti al tribunale di Bolzano, da un’assemblea allo spazio anarchico El Tavan di Trento si è deciso di proporre una giornata di iniziative nelle varie città per il 12 dicembre, anniversario della strage di piazza Fontana. Le stragi di Stato continuano: il Mediterraneo è un gigantesco cimitero.
 
L’idea è quella di intrecciare la solidarietà a imputati e indagati con la ripresa di un percorso contro le frontiere e il sistema che le impone e le protegge. In particolare, di ricordare quanto sta accedendo al largo delle coste e nel territorio della Libia, sulla natura assassina della politica del governo italiano e sul ruolo dell’ENI.
 
A Lecce, come contributo a quella giornata, è stato diffuso un manifesto durante il corteo No Tap dell’8 dicembre. Anche perché ENI, attraverso SAIPEM, è coinvolta nella realizzazione di una parte del gasdotto TAP.

 

 

 

No Tap – 9 dicembre, violata la zona di interdizione

Nel primo pomeriggio di sabato 9 dicembre, circa ottanta manifestanti hanno nuovamente percorso in corteo la provinciale San Foca-Melendugno. Determinati a raggiungere la “zona rossa” intorno al cantiere TAP, hanno poi attraversato alcune campagne fino a raggiungere il muro di jersey ed uno dei cancelli che delimitano l’area interdetta, dove sono esplosi alcuni petardi e la polizia ha risposto col lancio di una decina di lacrimogeni.
A quel punto è stato deciso di tornare indietro ed è iniziato un inseguimento da parte della polizia in tenuta antisommossa, coordinata dal volo di un elicottero.
Verso le 16.00 cinquantadue dei manifestanti sono stati accerchiati e bloccati nelle campagne, caricati sui cellulari e condotti a Lecce dove sono stati divisi tra la questura e il comando dei carabinieri per l’identificazione. Dopo otto ore di fermo, sono stati tutti rilasciati con una denuncia per manifestazione non autorizzata e violazione della zona interdetta (art. 650 cp) e alcuni per lancio di oggetti o esplosioni pericolose. Sono stati contemporaneamente emessi cinque avvisi orali e cinque fogli di via da Melendugno e Lecce che si aggiungono ai sei dei giorni precedenti.
Fuori dalla questura e la sede dei carabinieri sono da subito accorsi numerosi solidali che hanno aspettato fino alle due della notte il rilascio di tutti.

È importante ribadire che per la seconda volta nel giro di pochi giorni si è riusciti a raggiungere l’area del cantiere violando l’ordinanza di interdizione del prefetto e dando filo da torcere a chi lavora alla vigilanza della “zona rossa”.

 

 

 

6 dicembre – Cronologia della giornata di lotta No Tap

Mercoledì 6 dicembre, in diversi paesi della provincia di Lecce, è stato indetto lo sciopero dei commercianti contrari al progetto Tap. Per le strade di Melendugno migliaia di persone hanno manifestato per ribadire ancora una volta il loro dissenso e la loro rabbia per l’ennesimo progetto speculativo ai danni dei territori e di chi li abita.
Una volta terminata la manifestazione, diverse centinaia di persone si sono dirette a San Foca, per prendere parte al secondo corteo della giornata.
Determinate a raggiungere la zona rossa una volta arrivati al termine legale del percorso molti hanno proseguito fino al limite della zona cuscinetto, dove uno schieramento di sbirri bloccava l’accesso. Dopo alcune colluttazioni i manifestanti hanno deciso di aggirare il blocco entrando dalle campagne. Arrivati davanti ai confini che la delimitano (fatto da jersey, cancelli di ferro e filo spinato) hanno tentato l’approdo nella zona rossa. Una volta fallita l’apertura dei cancelli, sono tornati dai manifestanti rimasti ai limiti della zona cuscinetto che, impazienti del ritorno dei propri compagni di lotta, li hanno accolti con applausi e grida.
La giornata si è conclusa con il blocco della strada provinciale 145.

Giornali e questura, dal canto loro, hanno dipinto queste azioni come commesse da pochi facinorosi infiltrati in una pacifica manifestazione, seguendo la solita strategia di creare divisione con l’obiettivo di indebolire il movimento. Tutto ciò non dovrebbe stupire nessuno, ma era necessario per noi sottolineare come il progetto Tap stia devastando e militarizzando la vita e il territorio dei salentini e che tutti, non solo i soliti facinorosi come anarchici e antagonisti, esprimono con queste azioni la loro rabbia.
Parliamoci chiaro: il pensiero comune di queste persone è che per fermare un mostro multiteste come Tap (multinazionale dell’energia e della costruzione, Europa e interessi economici dei più svariati) una manifestazione pacifica non può funzionare. E che per le loro terre sono disposti a ben altro, persino ad usare i muretti a secco che sembrano preoccupare i giornali molto più che la devastazione che Tap sta creando. In tutto ciò lo stato si fa padrone di tutto il territorio circostante la zona del cantiere Tap, permettendo l’ingresso solo ai contadini, una volta esposti i loro documenti, e a chi è provvisto di pass, facendosi così solo odiare di più da chi di libertà ne ha già poca.
Se nonostante il chiaro dissenso contro Tap la costruzione del tubo continuerà, non stupiamoci se con ogni mezzo continuerà ad essere combattuta.

I ragazzi del muretto

 

 

8 e 9 dicembre – Corteo No Tap a Lecce e San Foca

FERMIAMO TAP ADESSO

Melendugno dal 13 novembre è in stato d’assedio.
Circa 500 agenti di polizia proteggono la zona del cantiere TAP, che è stata interdetta alla circolazione con decreto del prefetto. Chi non è residente o proprietario dei terreni non può accedervi. Recinzioni in cemento e ferro delimitano la zona rossa per garantire la costruzione del gasdotto e tenere lontano chi fino ad ora si è opposto alla devastazione.
Dopo anni di controinformazione e mesi di opposizione all’espianto degli ulivi, siamo arrivati al dunque. Stanno lavorando per cominciare l’opera.
Chi è contro TAP deve dimostrarlo adesso.

CONTRO TAP E GLI INTERESSI DI RAPINA CHE RAPPRESENTA
CONTRO LA MILITARIZZAZIONE DEL TERRITORIO
PER LA LIBERTÀ DALLE IMPOSIZIONI

Venerdì 8 dicembre 2017
Corteo a Lecce
Concentramento ore 15.00 – Porta Napoli

Sabato 9 dicembre 2017
Passeggiata intorno alla zona rossa a San Foca
Concentramento ore 14.30 – Lungomare Matteotti

No Tap

 

 

No Tap – Lecce: Azione di disturbo contro hotel che dà alloggio alle forze di polizia

Venerdì 24 novembre, intorno alle 19.00, una cinquantina di manifestanti si sono ritrovati davanti all’ingresso dell’hotel President in via Salandra a Lecce, dove alloggiano i reparti mobili dei carabinieri provenienti da fuori regione, impiegati nella sorveglianza del cantiere TAP e della zona rossa a Melendugno. Con fischietti, trombe da stadio e pentole hanno dato vita a una rumorosissima azione di disturbo, spiegando al megafono che non ci sarà tregua per chi collabora o trae profitto dalla realizzazione del gasdotto.
Dopo un’ora, il gruppo si è spostato in corteo per le vie del centro storico e passando davanti alla sede Tap sono volate delle uova piene di vernice contro il portone d’ingresso.

Domenica 26 novembre la contestazione rumorosa è stata nuovamente ripetuta.

 

 

No Tap – Aggiornamenti 16-22 novembre 2017

“Se ci cacciate da Melendugno, saremo dappertutto”. Così si concludeva un’assemblea
No Tap all’indomani dell’ordinanza con cui il prefetto promulgava la zona rossa intorno al cantiere per la costruzione del gasdotto. E non è rimasto solo uno slogan.

 “Contro Tap blocchiamo tutto”
Lecce, 16 novembre. In mattinata, blocco stradale davanti alla prefettura. La polizia interviene e a colpi di scudo spintona via i manifestanti che partono in corteo per il centro cittadino. “No Tap Né qui Né altrove” e “Contro il Tap blocchiamo tutto” gli striscioni esibiti.

Vernice sulla sede PD
Lecce, 17 novembre. Imbrattata la facciata della sede del Pd provinciale con vernice rossa e scritte contro Tap.

Non si trovano le chiavi
Melendugno, 18 novembre. Partendo da San Foca con un corteo non autorizzato, un centinaio di manifestanti raggiungono in serata il limite della zona rossa sorvegliato da una camionetta della polizia e illuminato da una torre-faro. Sparisce la chiave di accensione del generatore di luce e il faro si spegne.

Corteo e blocco del traffico
Lecce, 19 novembre. Corteo non autorizzato con diversi blocchi stradali e volantinaggio. Traffico bloccato in vari incroci stradali.

Convegno sospeso
Lecce, 20 novembre. Contestazione davanti al Rettorato dell’Università, dove si sarebbe dovuto svolgere un convegno su “Sicurezza e tutela ambientale nello sviluppo di progetti energetici” al quale partecipavano oltre a Michele Elia, country manager di Tap, esponenti del Partito Democratico, di Eni, Confindustria Lecce, Ministero dello sviluppo economico, Ministero dell’ambiente.
L’ingresso è presidiato dalle forze dell’ordine in tenuta anti-sommossa che lasciano passare solo chi è accreditato a partecipare. Parte una rumorosissima contestazione in strada tanto che dopo un’ora il convegno viene sospeso.
Dopo un lancio di uova in direzione della polizia, la protesta si sposta su un viale dove un blocco stradale ferma per un po’ il traffico. Il motivo è ancora: “Voi bloccate un territorio, noi blocchiamo tutto”, in riferimento alla creazione della zona rossa.

Volantin0: tap è zona rossa – pdf
Galleria foto:
http://questure.poliziadistato.it/Lecce/articolo/11665a132e8ab2a14320168974

 

Solidarietà contro la repressione
Carpignano Salentino, 22 novembre. Corteo in paese in solidarietà ad un attivista NoTap cui è stato notificato un foglio di via da Melendugno.
Al momento sono tre i fogli di via dal territorio investito dal cantiere Tap, notificati ad altrettanti attivisti. Due per violenza privata: sarebbero accusati di aver impedito, il 24 ottobre scorso, il transito di un’auto con a bordo personale di Tap, sbarrandole la strada.

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Melendugno – Falsi manifesti TAP

Dalla pagina facebook di TAP del 4 novembre scorso apprendiamo che sui muri di Melendugno (Lecce), nel cui territorio si sta erigendo il cantiere per il gasdotto, sono apparsi manifesti “con un falso messaggio” attribuito alla multinazionale.

 

 

Lecce – Scritte e manifesti sulla sede TAP

Lecce, 14 novembre 2017

Imbrattati con vernice spray i muri e il portone d’ingresso della sede TAP a Lecce, in via Templari. Affissi manifesti contro il gasdotto.

 

Melendugno – Imbrattato infopoint di TAP

13 novembre 2017

La mattina del 13 novembre 2017, durante un corteo spontaneo a Melendugno indetto subito dopo la chiusura della zona rossa intorno al cantiere TAP, sono state tracciate scritte sui muri e le vetrate dell’infopoint locale di TAP, lanciato uova e portate via le telecamere esterne di sorveglianza.

Dalla pagina facebook di TAP:

https://www.facebook.com/TAPItalia/videos/1437115966408121/

 

Tap – sulle ultime settimane di resistenza

Martedì, 13/11/2017

Dal 24 ottobre sono ripresi i lavori preparatori alla costruzione del gasdotto TAP. Gli operai della ditta Mello di Carmiano hanno provveduto al taglio drastico delle chiome degli ulivi che ricadevano sul percorso del
tubo. Per una decina di giorni le motoseghe hanno lavorato fra la protezione dei cordoni di polizia e l’opposizione di quanti si sono arrampicati sugli alberi per impedirne il taglio, sono saliti sui mezzi della
Mello, hanno costruito barricate di pietre sulle strade per rallentare e trattenere i blindati.
In quei giorni è stato chiaro che proteggere gli alberi, oltre che un atto di riconoscenza e rispetto per una coltura secolare che ha dato il pane a molte generazioni di salentini, era un’azione indispensabile per
ostacolare la prosecuzione del gasdotto. Per questo, che gli alberi siano stati “potati secondo le buone pratiche agricole” , come sostiene TAP, è un’ inutile difesa, oltre che un’ evidente bugia.
Dopo due settimane, sebbene con molte difficoltà , l’opera di taglio è stata quasi del tutto completata lasciando un paesaggio spettrale, un deserto laddove c’erano ulivi in perfetta salute e carichi di frutto.
Durante quelle giornate è stato chiaro ai presenti che la battaglia che si stava combattendo non era che al suo inizio. Molte le avvisaglie che lo lasciavano intendere, non da ultimo la sgradita visita in Salento del ministro dell’interno Minniti accompagnato dal capo della polizia e dal comandante generale dei
carabinieri. Infatti, alla mezzanotte del 13 novembre e per i prossimi 30 giorni, secondo un decreto emanato dal prefetto di Lecce, è istituita una vastissima “zona rossa” che circonda l’area di cantiere che era stata delimitata dai jersey fra marzo e aprile. Quello che con ogni evidenza sta accadendo è una inedita e
massiccia militarizzazione del territorio che, di fatto, viene sottratto con la forza al libero uso degli abitanti e viene “assegnato alle forze di polizia in funzione della protezione del cantiere”. Per un raggio di 3 chilometri attorno all’area dei lavori non sarà consentito il traffico veicolare e pedonale e
lo stazionamento di chiunque; anche i proprietari dei terreni potranno entrarvi solo a fronte della certificazione di proprietà e “singolarmente e disgiuntamente”. Le strade di campagna e i sentieri nella
macchia mediterranea adiacenti alla spiaggia sono pattugliati e illuminati giorno e notte. Ugualmente saranno controllati costantemente gli otto accessi alla zona rossa delimitata da una nuova e più solida
cintura di jersey che dovrebbe essere installata nei prossimi giorni.
In questo nuovo scenario il presidio no tap, nato nove mesi fa per monitorare i movimenti all’interno del cantiere, è stato inglobato nella zona interdetta e non può più essere raggiunto. Per questo vanno
ripensate alcune delle forme di opposizione messe in atto in marzo e aprile scorso al fine di una maggiore
efficacia.

Per adesso chi si lamenta è TAP che dalle pagine del suo sito denuncia l’imbrattamento della facciata della
sede di Melendugno, durante un corteo spontaneo che ha percorso il paese nella mattinata di oggi.

Melendugno (Lecce) – Petardi contro auto di sorveglianza nel cantiere TAP

Nella notte tra il 4 e il 5 novembre 2017 un gruppo di persone rimaste anonime ha lanciato alcuni petardi contro un’auto dell’istituto di vigilanza Almaroma impegnata nella sorveglianza all’interno del cantiere del gasdotto TAP a San Basilio (Melendugno – LE). Bloccato anche il cancello d’ingresso del cantiere con un lucchetto, chiudendo dentro il vigilantes che era a bordo dell’auto, che ha dovuto chiamare rinforzi per liberare l’uscita.
Dal 24 ottobre in alcuni uliveti limitrofi al cantiere sono in corso delle drastiche potature per conto di TAP probabilmente preparatorie all’espianto di altri ulivi che si trovano sul percorso in cui verrà interrato il tubo. Accompagnate da continue proteste da parte di chi si oppone a tale progetto di devastazione.

 

No Tap. Contestato D’Alema a Lecce

Lo scorso lunedì 16 ottobre Massimo D’Alema era a Lecce invitato da un circolo Arci per un “dibattito” (???) sul centenario della Rivoluzione d’Ottobre (Russia, 1917). Poco prima aveva dato avvio alla sua campagna elettorale inaugurando una nuova sede territoriale dello schieramento politico cui appartiene.
L’ingresso del locale Arci è stato da subito piantonato da una squadra di agenti in tenuta antisommossa, con tanto di scudi e manganelli, che decideva chi far entrare e chi no. Quando ad alcune persone, note come attivisti No Tap – ed è altrettanto noto che il suddetto politico si sia da tempo dichiarato favorevole al gasdotto – è stato impedito l’ingresso in quanto “non gradite”, è cresciuta all’esterno, di rimpetto all’ingresso che dà su una strada cittadina molto trafficata, una bella protesta: una cinquantina di persone si è fatta sentire con striscioni, fischietti e megafono.
Alla fine D’Alema è uscito dal retro e la polizia ha caricato per disperdere i manifestanti. L’auto che aveva accompagnato D’Alema è rimasta leggermente danneggiata.

 

 

 

 


Tap e Turismo: una poltrona per due.

 

Puntuali, anche quest’anno sul finire della stagione estiva, si sprecano i commenti indignati sulle condizioni di lavoro di noi salentini nel settore turistico.

In effetti, si può parlare di sfruttamento se si considera che la paga oraria media di un lavoratore non specializzato nel settore ricettivo non arriva alla soglia dei 4 euro. A ciò si aggiunga la mancanza assoluta di giorni di riposo e la sfiancante lunghezza della giornata lavorativa. Vabbè, cose note a chi è del luogo.

Ciò che non è noto è il meccanismo mentale che ci consente di soggiacere a queste condizioni prendendoci l’agio di lamentarcene ma, nello stesso tempo, parlare del settore turistico come un benefico motore di “sviluppo” dell’economia del territorio, a patto che venga gestito per bene.
Probabilmente esiste un’altra forma di turismo, buona e desiderabile, che consente il benessere di tutti a danno di nessuno, nemmeno dell’ambiente naturale, e garantisce accoglienza diffusa a prezzi non proibitivi. Chi scrive, però, non ne ha testimonianza. Per ora si assiste a ben altri scenari dove la rapacità e l’arroganza dei padroni di esercizi alberghieri e commerciali e dei grossi proprietari di immobili non incontra alcuna resistenza.
Turismo buono turismo cattivo, a ben vedere, non è che un’opposizione fasulla, buona a produrre chiacchiere da bar a fine stagione. Il turismo, come lo vediamo dalle nostre parti è un’industria perfettamente funzionante…una macchina composta di piccoli e grossi ingranaggi che riesce a convogliare imponenti somme di denaro nelle poche tasche giuste, fornendo alla grande maggioranza della popolazione un reddito quasi sempre insufficiente.
Turismo e sfruttamento delle risorse (ambientali e umane) si rivela essere un binomio di grande efficacia alla prova del mercato.
Non è un caso che il consorzio TAP abbia più volte evidenziato che l’offerta turistica possa agevolmente convivere con il gigantismo degli impianti industriali per la ricezione del gas. Il segreto è semplicemente non fare vedere il brutto, nascondere il grigio del cemento con una mano di bianca calce…come nascondere lo sfruttamento dietro la festa.

Che il segreto sia nascondere, ce lo dice lo stesso consorzio TAP dalle pagine del suo sito web proponendo il virtuoso esempio di Cala Gracio a Ibiza che «da 6 anni ospita un gasdotto. Ma non se n’è accorto nessuno. Né i bagnanti, che continuano a frequentarla in totale sicurezza, né gli operatori turistici, che non registrano cali di presenze. È la prova che si possono realizzare grandi opere strategiche, rispettando il territorio e le sue vocazioni.»
Sebbene alcuni oppositori di TAP abbiano messo in evidenza le molte differenze fra il gasdotto spagnolo e quello in progetto a San Basilio, rimane incontestabile che i due settori economici possano procedere di pari passo senza pestarsi i piedi.
Se non avesse avuto remore a paragonarsi ad impianti palesemente mortiferi, TAP avrebbe potuto fornire innumerevoli esempi di questa convivenza. Quello della Sardegna, per esempio, dove non lontano da villaggi turistici e stabilimenti balneari insistono numerose basi militari dove si praticano esercitazioni e si stoccano armi. Poi, avrebbe pure potuto citare il fulgido esempio di Israele. Su quelle sponde prospera, infatti, un’industria turistica rigogliosa senza che la sensibilità dei villeggianti corra il rischio di essere offesa dalla vista delle disumanità dei territori palestinesi occupati. Ma Israele si è saputo spingere oltre trasformando in attrazione turistica l’ occupazione stessa. Così, in un insediamento israeliano in Cisgiordania, nell’accademia “Caliber 3” i turisti possono provare il brivido di mettersi nei panni dei soldati occupanti, sparando a delle sagome con impresse le foto di palestinesi, simulando attacchi terroristici, accoltellamenti e sparatorie.
Trasformare l’orrore in seduzione è l’estrema frontiera di un mercato del turismo che non più nasconde ma esibisce la mostruosità.
Tornando alla molto meno mostruosa realtà salentina, rimane il dato dell’inaccettabilità dello sfruttamento, sia esso sottoforma di saccheggio operato dalle multinazionali del gas, sia della svendita del territorio sul mercato del turismo.
Nascondere e far tacere tutto dietro al vecchio ritornello di “ Salento, sole, mare e vento” è pari a rivestire di pietre a secco le pareti della centrale di depressurizzazione del gasdotto: aiuta solo quelli che vogliono lucrare su questo territorio devastandolo e depredandolo. Quel sentimento di compiacimento- comune a molti- di vivere in questa bella terra non dia modo di coprire i responsabili della devastazione ma palesi la loro identità e le loro malefatte, magari provando pure a tenere alla larga gli sciacalli, oppure a ostacolarne i progetti, come accadde una notte di primavera, quando la recinzione del cantiere Tap a San Basilio fu buttata giù dal forte vento.

 

Franca

Per tante ragioni o per una sola. Contro TAP

Una nuova opera sta investendo il Salento: il gasdotto TAP che dall’Azerbaijan, attraverso Turchia, Grecia, Albania e il fondale dell’Adriatico, approderà con un lavoro di trivellazione nel litorale di San Basilio (Melendugno – Lecce), per poi proseguire interrato fino a un Terminale di Ricezione dell’estensione di circa nove ettari. Da qui, si allaccerà alla distribuzione gestita da Snam Rete Gas per raggiungere i mercati europei.

Condotte sottomarine, navi, trivelle, ruspe, camion e cemento apriranno verso l’Europa il Corridoio Sud del gas proveniente dalla zona del Caucaso e del Mar Caspio.

A volerlo le ragioni del mercato e dell’economia, che guardano al nostro pianeta unicamente come a un’immensa riserva da spolpare fino all’osso; un’occasione dietro l’altra per incrementare i propri introiti economici e di potere, senza preoccupazione alcuna per le macerie che ogni nuova realizzazione si lascia dietro.

Nel caso in particolare, uno degli obiettivi della costruzione del nuovo gasdotto – e dei rigassificatori in progetto in altre zone d’Italia – non è portare il gas, che non manca, ma acutizzare la competizione tra i Paesi produttori per abbassarne il costo. È attraverso questa politica che il gas delle regioni mediorientali entrerà in “concorrenza” con quello di Russia, Algeria e Libia che già arriva con altre condotte: beninteso a esclusivo vantaggio delle multinazionali.

Quello che non vediamo, o preferiamo non vedere, è la devastazione ambientale, il saccheggio delle risorse, lo sfruttamento della manodopera – nei Paesi detentori di materie prime – che le politiche concorrenziali scatenano per consentire di produrre a basso costo. Comprese le guerre di occupazione camuffate da interventi umanitari che i centri di potere occidentali – anche italiani – hanno mosso palesemente in Iraq, Afghanistan, Libia, Siria per il controllo diretto delle fonti energetiche lì presenti. Un progetto come il TAP non è separabile da tutto questo.

LE RAGIONI DELL’ECONOMIA NON SONO LE NOSTRE.

Opporsi al TAP non è solo difendere un pezzo della nostra costa dall’aggressione di un’opera che serve unicamente a chi la progetta e realizza, ma può diventare l’opposizione al sistema globale dello sfruttamento, per metterne in dubbio la pretesa di imporre dall’alto i propri progetti mortali considerati indiscutibili, contrastare le sue guerre di conquista, nonché la devastazione e il saccheggio dell’intero pianeta.

Un’opposizione da portare avanti senza compromessi e mediazioni, senza deleghe, autonomamente da istituzioni e partiti politici, autorganizzando la propria lotta.

Chi sono

 

TRANS ADRIATIC PIPELINE (TAP) è una joint venture creata per progettare, sviluppare e costruire il gasdotto. Ha sede a Baar (Svizzera) e dispone di uffici ad Atene, Roma, Tirana, Bruxelles e Istanbul.

Gli azionisti del progetto TAP sono: Snam spa (20%), BP (20%), Socar (20%), Fluxys (19%), Enagás (16%), Axpo (5%).

 

SNAM SPA è capofila in Europa nella realizzazione e gestione integrata delle infrastrutture del gas naturale. Promuove l’integrazione delle reti europee attraverso partnership con i principali operatori del settore, lungo corridoi energetici continentali.

Oggi SNAM SPA è una holding che controlla interamente:

SNAM RETE GAS che progetta, realizza e gestisce le infrastrutture di trasporto del gas;

GNL ITALIA che è il principale operatore di rigassificazione del gas liquefatto in Italia;

STOGIT che si occupa di stoccaggio del gas naturale.

 

BP è fra le più grosse società petrolifere al mondo.

Attività: esplorazione e produzione di petrolio e gas, commercializzazione di carburante e lubrificanti, produzione di energia per luce e riscaldamento, prodotti petrolchimici.

È tristemente nota anche per il disastro ambientale causato nell’aprile 2010 da una sua piattaforma petrolifera nel golfo del Messico.

BP Italia spa ha sede a Milano.

 

AXPO è un operatore svizzero del mercato energetico. È di proprietà dei cantoni della Svizzera nord orientale e ha sede a Baden. Si occupa di produzione, distribuzione e vendita di energia elettrica a livello internazionale. Una sua consociata è la società italiana Axpo Italia SpA, con sede a Genova e uffici a Milano e Roma.

 

FLUXYS è una società di infrastrutture del gas con sede in Belgio e operante nel mercato europeo.

 

ENAGÁS è una grossa società di distribuzione del gas naturale in Spagna, Messico, Cile e Perù.

 

SOCAR è la compagnia petrolifera di Stato dell’Azerbaigian.

 

Il percorso

Il percorso del gasdotto TAP si svilupperà lungo circa 870 chilometri. Approssimativamente: 550 km in Grecia; 210 km in Albania; 105 km nella sezione offshore del mar Adriatico.

 

Previste tre postazioni dotate di compressori: nei pressi della città greca di Salonicco, sul confine greco-albanese e sulla costa albanese.

La sezione sottomarina che attraversa l’Adriatico inizia nei pressi della città albanese di Frier.

In Italia il punto di approdo è nella provincia di Lecce, sul litorale di San Basilio del comune di Melendugno. Poi proseguirà interrato fino ad un Terminale di Ricezione situato a 8 km dalla costa, struttura che occuperà circa nove ettari di suolo.

Da qui, con un altro percorso interrato fino a Mesagne (BR), si collegherà alla rete italiana di trasporto del gas, gestita da Snam Rete Gas.

In Grecia il TAP sarà interconnesso al DESFA, il sistema di gasdotti già esistente che, continuando verso est, si connette con le infrastrutture turche per garantire l’accesso al giacimento di gas naturale di Shah Deniz in Azerbaijan.

Il consorzio di gestione del giacimento di Shah Deniz in Azerbaijan si propone di estrarre 16 miliardi di metri cubi di gas all’anno dal Mar Caspio. Sei miliardi di metri cubi andranno in Turchia dal 2018 e il resto andrà in Europa dal 2019.

 

Cronologia

No Tap, né qui né altrove

17 – 29 marzo 2017. In località San Basilio (Melendugno) inizia la resistenza ai primi lavori per la realizzazione del gasdotto. Mentre la mano delle forze dell’ordine chiarisce cosa significa “garantire la legalità”, il variegato movimento No Tap a più riprese cerca di impedire l’espianto di 211 ulivi preliminare ai lavori di scavo del tunnel.

La strada che conduce al cantiere, la stessa che viene percorsa dai camion impegnati nell’eradicazione degli alberi, è interrotta da grossi blocchi di pietra. Lungo lo stesso percorso vengono trovati chiodi conficcati sul piano stradale. L’azienda lamenta che di notte ignoti hanno divelto parte della recinzione del cantiere.

 

Rabbia e frustrazione

1 aprile 2017. Il breve attimo di “tregua armata” nella lotta contro il cantiere, dove per l’ennesima volta s’intrecciano la rovina delle ultime illusioni democratiche e una sana e diffusa incazzatura, è interrotto con la ripresa a sorpresa dei lavori. Gli attivisti riescono a bloccare alcuni mezzi e rallentare ancora i lavori.

Due grossi petardi esplodono nelle vicinanze dell’hotel Tiziano a Lecce, dove soggiornano i reparti antisommossa della polizia impegnati a reprimere le proteste No Tap.

Tra promesse e menzogne

8 aprile 2017. La contestazione rallenta l’accesso dei mezzi per l’espianto degli ulivi. Tra promesse e menzogne, i No Tap devono ben guardarsi dalle parole della controparte che con false assicurazioni e la pressione delle forze dell’ordine tenta di forzare i blocchi e continuare i lavori. Se con un sotterfugio gli operai del cantiere cercano di “mettere in sicurezza” l’area ripristinando le recinzioni, nella notte anonimi folletti tornano a sistemarle a dovere.

Imbrattamento fuori sede

10 aprile 2017. A Bologna i muri e le finestre della sede Snam, azionista del gasdotto, vengono imbrattati con vernice verde. Scritte “No Tap” ne spiegano il motivo.

Prove tecniche per dividere il movimento

13 aprile 2017. Dopo il blocco dei lavori grazie all’interposizione del presidio di lotta, il Tar firma una sospensiva fino al 19 aprile. Bastone e carota, la sospensiva e le manganellate fanno spazio alla canea mediatica contro il movimento reo di aver bloccato l’accesso al cantiere con barricate costruite con le pietre dei muretti a secco. Come sempre, si cerca di dividere il movimento ricercando i più “cattivi”.

Alle due di notte

27 aprile 2017. Nelle prime ore notturne un massiccio contingente di forze di polizia fa irruzione nell’area del presidio e del cantiere Tap. Col favore della notte, ignorando l’accordo istituzionale di poche ore prima, che aveva concordato la sospensione dei lavori fino a ottobre, la polizia sgombera le barricate consentendo agli operai di ripristinare il cantiere e procedere all’espianto e al trasferimento degli ulivi ancora rimasti.

Un’altra notte

18 maggio 2017. Una molotov viene lanciata contro la sede dell’azienda Mello Lucio di Carmiano (Le) che ha espiantato gli ulivi per Tap. Prende fuoco un deposito di legna.

E ancora

25 giugno 2017. Ancora due molotov contro l’azienda Mello di Carmiano.

Via gli ultimi ulivi

4 luglio 2017. Con l’ennesimo blitz notturno, scortati dalla polizia in tenuta antisommossa arrivano i mezzi della ditta incaricata dell’espianto. Non potendo opporsi numericamente al cancello del cantiere, i No Tap bloccano i mezzi in vari altri punti della viabilità. Nel via vai due camion dei devastatori si trovano danneggiati. Finisce, così dicono, la “fase zero”, cioè la preparazione del nudo terreno che dovrà ospitare il cantiere da novembre in poi. Non potendosi però fidare di quanto dichiarato dalla controparte, si tiene alta l’attenzione e la vigilanza per prevenire le opere accessorie: strade d’accesso, allestimento del cantiere, eccetera.

In mare aperto

12 luglio 2017. Protesta a bordo di varie imbarcazioni nelle acque antistanti San Foca, dove TAP sta eseguendo alcuni sondaggi sottomarini. Disturbate le due navi della multinazionale.

Confindustria

17 luglio 2017. La protesta No Tap torna in piazza Sant’Oronzo a Lecce, durante le celebrazioni del novantennale di Confindustria Lecce, da sempre favorevole al gasdotto.

Qualcuno ha detto:

Guardando a quanto avvenuto intorno al cantiere Tap, è illuminante notare come alcune centinaia di dipendenti del Ministero dell’Interno si siano fatti interpreti, con la semplicità e l’immediatezza propria della comunicazione non verbale dei manganelli o della loro semplice esibizione, del contenuto profondo dei concetti ministeriali quali “sicurezza”, “vivibilità dei territori”, “benessere delle comunità territoriali”, e della loro applicazione pratica nell’ambito delle politiche di governo. Ma non tutto è ancora deciso!

 

Da Akanthino, foglio di lotta contro il Tap in Grecia:

… Il gioco che si gioca contro di noi è veramente grande e con ripercussioni globali. Non dobbiamo mai dimenticare che gli imperialismi energetici dei grandi squali sono quelli che hanno massacrato e continuano a massacrare interi popoli (Siria, Libia, Iraq, Afganistan, Paesi Africani) creando enormi flussi di profughi ed “immigranti economici”.

Nel capitalismo, lo sviluppo significa profitto e il profitto significa crescita per le aziende e per i padroni. Uno sviluppo che si costruisce sullo sfruttamento dei lavoratori e in generale sulla loro svalutazione, economica e lavorativa.

Ecco perché siamo contro ogni forma di sviluppo che propaganda lo sfruttamento e la repressione come avanzamento e miglioramento delle nostre vite.

Nessun gasdotto, nessun piano energetico, né qui né altrove.

Abbiamo combattuto e combattiamo contro ogni investimento che vuole la svalutazione della nostra vita. Perché conosciamo bene i loro sporchi piani e sappiamo che facendo una controproposta alternativa firmeremmo la nostra condanna.

Sopratutto perché siamo contro ogni forma di sviluppo che distrugge l’ambiente, scavalca la nostra dignità e svaluta la nostra vita…

 

Complici e mandanti

TAP fa parte dei progetti infrastrutturali in campo energetico ritenuti prioritari dall’Unione Europea ed è inserito fra i piani da essa finanziabili tramite il programma Reti Trans-Europee dell’Energia (TEN-E). Dall’avvio del progetto il gasdotto TAP ha già ottenuto due finanziamenti dall’Unione Europea: per lo Studio di Fattibilità e per lo Studio di Basic Engineering.

Altri 700 milioni di euro arriveranno dalla Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo (BERS).

 

Anche le nostrane ENEL ed HERA entrano in ballo perché si sono assicurate una quota di quell’oro blu che transiterà tramite TAP.

Confindustria Lecce e Giampiero Rizzo, presidente di ANCE Lecce (Associazione Nazionale Costruttori Edili), si sono dall’inizio dichiarati favorevoli all’opera.

SAIPEM si occuperà della realizzazione del tratto in mare e dello studio di fattibilità del micro tunnel.

Almaroma (Vernole, LE) è la società privata di vigilanza nel cantiere.

 

 

 

Altri chilometri

La realizzazione del progetto TAP, per essere funzionale, richiederà ulteriori opere oltre a quelle sinora presentate, per altri 56 km. Dal terminale di ricezione di Melendugno, per potersi allacciare alla rete nazionale di Snam, dovrà proseguire fino a Brindisi attraversando i territori di altri comuni: Vernole, Castrì, Lizzanello, Lecce, Torchiarolo, San Pietro Vernotico, fino a raggiungere “Masseria Matagiola”, in agro di Brindisi, dove c’è una struttura pre-esistente di Snam da ampliare.

 

File mostra e lettura: no tap – mostra 017 (cm 100×70)

File per stampa brochure: volantone no-tap 2017 n2 (pieghevole A3)